Durante gli anni del nazi-fascismo e delle persecuzioni razziali ci furono porte che si aprirono e porte che si chiusero. Così si aprirono generosamente all'accoglienza i battenti di case di comuni cittadini che, malgrado i gravi rischi, nascosero molti ebrei perseguitati, mentre la Chiesa aprì le porte di alcuni dei suoi conventi e delle sue chiese. L'Italia delle leggi razziali, l'Italia dei docenti ebrei espulsi dalle scuole di ogni ordine e grado, l'Italia dove le case e i beni di chi fino a ieri era solo un cittadino e oggi diventava “di razza ebraica” venivano accaparrati da speculatori senza cuore, ha conosciuto anche molti “giusti”. Ma nei più prevalse l'indifferenza, bastava solo voltarsi dall'altra parte. Un'indifferenza che oggi ritorna nei tanti drammi dell'immigrazione, anche se molto è cambiato: allora nessuno voleva sapere, nessuno voleva conoscere la verità e chi sapeva preferiva ignorare, così come le grandi potenze alleate nascosero a lungo ogni notizia sui campi di stermino nazisti. Oggi invece tutti sanno, leggono, guardano, visitano il web, ma ancora ci si volta dall'altra parte.
Così Liliana Segre, deportata numero 75190, racconta nel suo libro-intervista “Sopravvissuta ad Auschwitz”: “L'ho sofferta, l'indifferenza. Li ho visti, quelli che voltavano la faccia dall'altra parte. Anche oggi ci sono persone che preferiscono non guardare… meglio non guardare”. L'indifferenza di quei milanesi che il 30 Gennaio 1944 osservarono, nascosti dietro le finestre delle loro case, la deportazione di altri italiani la cui unica colpa era di essere nati ebrei. Per ricordare quel giorno tremendo la Comunità di Sant'Egidio e la Comunità Ebraica di Milano organizzano da diversi anni un momento di raccoglimento nel luogo da dove Liliana, allora tredicenne, partì con altri 604 ebrei per i campi di sterminio nazisti (ne sopravvissero 22), quel buio e tetro binario 21 della Stazione Centrale dove oggi sorge il Memoriale della Shoah. Una cerimonia laica alla quale partecipano anche rappresentati di altre realtà che hanno conosciuto le persecuzioni.
Lo stesso Memoriale in questi mesi ha aperto le sue porte a oltre 4700 immigrati in cerca di un luogo caldo dove dormire, senza chiedere da dove arrivassero o come si chiamassero. Tutti hanno riposato assieme sotto la scritta “Indifferenza” che a caratteri cubitali campeggia all'ingresso della Fondazione. Proprio per questo Liliana ha voluto che quest'anno l'incontro avesse per titolo “Porte chiuse, porte aperte”. Ricordando le porte di un tempo e quelle di oggi.