Anziani, malati cronici, non autosufficienti costituiscono un esercito invisibile, che cresce ogni giorno ma resta trasparente. I numeri sono impressionanti eppure è una realtà che passa sotto silenzio, fino a quando non impatta in modo drammatico sulla vita della singola famiglia. Un aggravamento repentino o il manifestarsi a una certa età di qualche “fisiologico” problema di salute rompono l’equilibrio di una vita e mandano improvvisamente in frantumi un contesto sociale. Non esistono reti di sostegno, non ci sono paracaduti che possano aiutare, ci si ritrova soli con il proprio dramma. Non è più il tempo in cui gli ospedali possano accogliere indefinitamente malati che non necessitino di cure per un fatto acuto, mentre le residenze per anziani hanno posti limitati con costi non banali e l’assistenza a domicilio è in pratica inesistente. Il confine tra non autosufficienza e malattia ha un limite molto sfumato, come lo è anche quello con la cronicità, ma è proprio in questa opacità che si apre tutto il vuoto assistenziale. Laddove c’è una esigenza di salute legata a malattie croniche invalidanti le persone hanno diritto a essere curate dal nostro Servizio sanitario, ma, sebbene la legge reciti questo, la realtà è ben diversa. E caricare oggi sul Ssn anche tutti i problemi di questo grande mondo dimenticato, oltre che essere inappropriato, sancirebbe il suo crollo definitivo. Ma dove finisce il sanitario e dove inizia il sociale e chi deve occuparsi di cosa? Anche questo resta un tema indefinito che ingenera vuoti istituzionali che ricadono integralmente sulle famiglie. Di questo si occupa il
sondaggio online promosso da Corriere e dall’Associazione Peripato in queste settimane.
Un Paese che ha quasi un quarto dei cittadini ultrasessantacinquenni, che ha le nostre proiezioni demografiche ed epidemiologiche, non può continuare a voltarsi dall’altra parte. Così come le famiglie devono capire che bisogna cominciare ad affrontare la realtà prima che un problema acuto faccia improvvisamente precipitare la situazione, sono troppi i grandi anziani che vivono soli, senza nessun tipo di assistenza e senza possibilità di far fronte domani a una malattia. L’integrazione dei servizi socio-sanitari, del Ssn con il welfare sociale, l’assistenza sul territorio, le nuove possibilità offerte dalla tecnologia, dalla domotica e dall’architettura, possono permettere di progettare un futuro migliore e diverso per questa comunità di cui tutti facciamo in qualche modo parte, ma bisogna volerci pensare.