Qualche giorno fa mi ha chiamato un caro amico di famiglia, None, per farmi un saluto: dopo i 90 anni (ne ha ormai qualcuno in più) ha deciso che gli spostamenti fuori città sono troppo faticosi per lui e anche d'estate rimane nel suo comodo appartamento in zona Niguarda. Nella sua nuova casa ha ritrovato la quiete dopo anni complicati vissuti in pieno centro città, bello e prestigioso sì, ma anche scomodo, soprattutto a una certa età: spazi verdi zero, panchine non se ne parla, e poi traffico e stradine anguste che attentano costantemente a un equilibrio tanto fragile quanto precario, strenuamente difeso dal bastone da passeggio, quando anche quest'ultimo baluardo non cede rovinosamente ai cubetti di porfido infilandosi in uno dei loro molteplici, infidi interstizi. None era particolarmente contento, un tempo così non si era mai visto: fresco, ventilato, niente afa, uno scroscio ogni tanto che rinfresca. Si può tranquillamente fare una passeggiata in giardino e magari leggere il giornale su una panchina senza finire direttamente arrostiti e disidratati, insomma grande estate. Si dirà questione di punti di vista, è vero, ma anche i non più giovanissimi, che a Milano non mancano, hanno diritto a cantar vittoria contro lo spauracchio dell'ozono e l'afa che in tante estati passate l'hanno fatta da padrone.
E non fu solo la tremenda estate del 2003, quando l'ondata di caldo fece registrare solo nel nostro Paese tra le 4.000 e le 18.000 vittime (le stime sono state quanto mai variabili), soprattutto tra gli anziani, a far paura: ogni anno l'estate è una stagione che desta non poche preoccupazioni di salute. Se l'inverno con il freddo e i virus influenzali è un problema, il mix di caldo, umidità e ozono che si registra nei mesi caldi può essere non meno pericoloso.
Quest'anno però è diverso: se Totò e Peppino arrivassero in questo Agosto in stazione Centrale bardati con cappotti e colbacchi perché “a Milano fa freddo e c'è la nebbia”, come nella celeberrima scena di “Totò, Peppino e la malafemmina”, forse nessuno si stupirebbe più di tanto viste le temperature di questi giorni, un po' esagerati questo sì, ma si sa, sono le incertezze di questi tempi. Come dicevano i nostri eroi: “e sarà un freddo caldo. Che vuoi che ti dica!”.
Sì, perché anche le previsioni del tempo hanno mostrato tutta la fragilità delle moderne tecnologie, che forse un serio oroscopo ci avrebbe azzeccato di più. E giù a cercare spiegazioni per quello che spiegazioni non ha: la capricciosità e imprevedibilità della natura e delle stagioni. Si tratta di un qualcosa che sembra prendersi un po' gioco degli uomini e delle loro presunzioni, ieri armati di sfere di cristallo, oggi di potenti quanto fallaci satelliti metereologici e computer stellari, altrettanto inutili ma molto più costosi e roboanti delle antiche palle indovine.
I milanesi restano però inguaribili ottimisti e anche nel catafascio estivo vedono l'aspetto positivo, come il mio amico None, o come i tanti che restano in città a lavorare sollevati dal pensiero dell'afa e della terribile calura che già si preparavano stoicamente ad affrontare; ma sarà per un'altra estate, quest'anno no.
Sergio Harari