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  • 03 Aprile 2024

    Cosa ci dicono i numeri della pandemia

    Quasi 16 milioni i morti nel mondo. In Italia il record europeo.


    Le tendenze generali epidemiologiche stanno cambiando il mondo, e non solo a causa della recente pandemia. A riportarlo sono i dati del report internazionale più importante e affidabile che abbiamo a disposizione, il Global Burden of Disease 2021, appena pubblicato su Lancet e supportato dalla Bill e Melinda Gates Foundation.

    Negli anni 2020 e 2021 sono decedute in tutto il mondo 131 milioni di persone, 15,9 milioni a causa della pandemia Covid-19, delle quali 5,89 milioni nel 2020 e 9,97 milioni nel 2021 (vengono calcolati in questo computo sia i morti direttamente a causa del virus che quelli indiretti per le conseguenze socioeconomiche della pandemia). La stima è molto vicina a quella formulata dall’OMS che aveva quantificato i decessi in 14,9 milioni: è come se l’intera popolazione del Belgio e dell’Irlanda fosse stata inghiottita dallo tsunami virale.

    L’aspettativa di vita mondiale valutata alla nascita dal 1950 al 2021 è cresciuta di 22,7 anni, passando da 49 anni a 71,7 anni, mentre si è registrata, per la prima volta, una flessione negativa dal 2019 al 2021, causa sempre la pandemia, con una perdita di 1,6 anni di aspettativa di vita. Nel biennio 2020-2021 la mortalità per tutte le cause è aumentata negli uomini con più di 15 anni del 21,9% rispetto al 2019 e nelle donne del 16,6%. Questa differenza tra i due sessi non è chiaramente interpretabile e necessiterà di ulteriori studi, soprattutto se si pensa che nella fascia di età 15-39 anni la mortalità degli uomini è stata 65,9% più alta che nelle donne.

    Il Covid-19 non ha invece avuto l’impatto negativo che si temeva sui bambini: la mortalità infantile (sotto i 5 anni) è infatti passata da 5,21 milioni nel 2019 a 4,66 milioni nel 2021.
    E l’Italia? La mortalità del nostro Paese durante gli anni della pandemia è stata nettamente più alta del resto d’Europa (98.000 decessi nel 2020 e 62.000 nel 2021) e dei paesi nostri vicini come la Francia e la Germania, per non parlare delle abissali differenze epidemiologiche con Israele che non sono spiegabili solo dalla precocità della campagna vaccinale e dalla più giovane età della popolazione di quel Paese.
    D’altra parte, anche nella stessa Italia le differenze regionali sono state enormi e non solo giustificabili dalle tempistiche delle ondate pandemiche: basti pensare che nella primavera nel 2020 a Bergamo si registrava un eccesso di mortalità che sfiorava il 600% (per esattezza il 586%) mentre a Trieste l’aumento era solo del 15%, eppure anche lì il Covid era arrivato e si era ampiamente diffuso.

    Si discuterà a lungo su cosa è successo, quali fattori abbiano giocato, ad esempio quale sia stato il ruolo dell’inquinamento atmosferico, rilevante in Lombardia, anche se i luoghi deputati a farlo sono le università e i centri di ricerca, non certo le commissioni parlamentari.
    L’aspettativa di vita alla nascita nel nostro Paese è comunque cresciuta moltissimo passando da 68,9 anni nel 1950 a 80,3 nel 1990, 82,4 nel 2000, 84,4 nel 2010 e 84,9 nel 2021.
    La popolazione mondiale è aumentata progressivamente passando dai 2,52 miliardi del 1950 a 6,1 miliardi nel 2000 a 7,89 miliardi nel 2021, tuttavia l’Europa centrale e orientale e l’Asia centrale hanno fornito un contributo solo parziale a questo risultato, avendo registrato un incremento di popolazione dal 1950 al 1992 per poi andare incontro, con qualche variazione nel tempo, a un progressivo calo.

    Complessivamente la popolazione mondiale dal 2017 ad oggi ha sensibilmente rallentato la sua crescita, il trend risente certamente della pandemia Covid-19 ma era iniziato in precedenza e la tendenza potrebbe dipendere anche da altri fattori.
    I dati del nostro Paese documentano una stabilizzazione della sua popolazione con un progressivo invecchiamento, non radicalmente difforme da altri paesi europei nostri simili, ma che rappresenta una significativa sfida sociale.
    Questi dati epidemiologici devono far riflettere sui cambiamenti che stanno avvenendo in molte regioni del mondo, qui solo sintetizzati, le cui ricadute economiche e sociali saranno importantissime, che meritano una attenta ponderazione e analisi, anche e soprattutto dalla politica.