Secondo le stime dell’Oms oltre 235 milioni di persone soffrono di asma bronchiale in tutto il mondo. In Europa più di 30 milioni di soggetti sono portatori di questa patologia, che interessa il 5% degli adulti, spesso associandosi a una o più allergie (condizione predisponente non sempre presente).
L’asma bronchiale rappresenta la malattia cronica respiratoria più frequente in età pediatrica nel nostro Paese con una prevalenza che si stima essere attorno al 10%. Il trend epidemiologico negli ultimi anni è in lieve ma costante crescita anche per fenomeni legati all’ambiente e all’inquinamento atmosferico, sia nei bambini che negli adolescenti.
L’asma grave, la forma più severe di malattia, è responsabile di accessi in pronto soccorso, ospedalizzazioni, giornate di lavoro perse e, purtroppo, di una significativa mortalità. In Italia circa 300.000 persone soffrono di asma grave, mentre sono oltre 3,5 milioni coloro i quali soffrono complessivamente di questa patologia, con una spesa medica annua pari a circa 2.000 euro, costituita per il 71% da costi sanitari diretti e per il resto da costi indiretti dovuti alla perdita di produttività (un asmatico salta in media 8 giornate di lavoro all’anno). I soggetti affetti dalla forma non grave da tempo dispongono di trattamenti efficaci e con minimi effetti collaterali, mentre chi soffre di asma grave fino a pochi anni fa era costretto ad assumere terapie cortisoniche sistemiche, ad accusare frequenti riacutizzazioni di malattia, con ospedalizzazioni e cure mediche importanti, avendo una qualità di vita insoddisfacente e una funzione respiratoria deficitaria.
Lo scenario è completamente cambiato in questi ultimi anni grazie all’arrivo di nuovi farmaci cosiddetti biologici (benralizumab, dupilumab, mepolizumab, tezepelumab, e il meno recente omalizumab) che hanno letteralmente stravolto in positivo l’orizzonte terapeutico. I pazienti che per le loro caratteristiche cliniche possono accedere a queste terapie vanno incontro a un beneficio straordinario con un miglioramento importantissimo della loro funzione respiratoria, una riduzione del numero di riacutizzazioni di malattia, riuscendo a sospendere definitivamente l’uso di cortisonici sistemici e ritornando al piacere di una vita normale o quasi.
Grazie allo sforzo dell’Associazione italiana pneumologi ospedalieri (
Aipo) e dell’Associazione allergologi immunologi italiani territoriali e ospedalieri (
AAIITO), negli ultimi anni sono stati raccolti i dati di oltre 1.900 pazienti trattati in 100 diversi centri di riferimento sparsi sul territorio nazionale, nel 61% dei casi donne, che hanno documentato come anche nella real life si rilevi un beneficio molto significativo per tutti gli outcome considerati (funzione respiratoria, ospedalizzazioni, qualità di vita) dall’utilizzo di questi farmaci.
Oggi gli sforzi più importanti sono indirizzati a:
1) far emergere il grande iceberg sommerso di sotto diagnosi di tutte le forme asmatiche;
2) migliorare l’aderenza alle cure dei pazienti, ancora insoddisfacente;
3) implementare percorsi che permettano un più rapido accesso alle cure di secondo livello e ai centri di riferimento (e va in questa direzione un recente Pdta stilato da esperti delle società scientifiche in collaborazione con Regione Lombardia);
4) una migliore fenotipizzazione dei candidati alle diverse terapie biologiche;
5) un ulteriore sforzo di ricerca per trovare nuove molecole indirizzate a tutti quei pazienti che per le loro caratteristiche cliniche ancora hanno risposte adeguate dalle terapie oggi disponibili.